Articolo di Marco Travaglini apparso sulla rivista on line di politica e società dell’Associazione “La Porta di Vetro” di Torino.

Lunedì 22 novembre, alle 20,30, il Teatro Sociale di Omegna ospiterà la serata dedicata all’assegnazione dell’edizione 2021 del Premio letterario “Della Resistenza” promosso dalla municipalità del capoluogo cusiano. Sarà presente lo scrittore David Grossman, premiato per il libro “Sparare a una colomba”, edito in Italia da Mondadori.

La presenza dello scrittore israeliano sulla scena internazionale va oltre i suoi romanzi: i suoi saggi e interventi su politica, società e letteratura sono ormai diventati un punto di riferimento ineludibile per tantissimi lettori ai quattro angoli del mondo. “La situazione è troppo disperata per lasciarla ai disperati” sostiene Grossman. Nei saggi e nei discorsi che compongono questo libro, lo scrittore nato nel 1954 a Gerusalemme non si limita ad analizzare la situazione di Israele cinquant’anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, descrivendo le conseguenze dell’impasse politica in Medio Oriente, o a parlare dell’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia da Covid, ma finisce sempre per raccontare qualcosa della sua esperienza personale. Infatti il libro è un’appassionata e lucida difesa dei valori della libertà e dell’individualità dove la strenua opposizione a disfattismo e disimpegno prendono corpo nei testi. Grossman è l’ultimo scrittore ad aggiudicarsi il più importante riconoscimento letterario a livello nazionale dedicato alla memoria della lotta di Liberazione.

Il concorso è riservato a libri di narrativa, poesia o saggistica che “coniugando valori letterari e impegno civile” abbiano dato risalto a una delle “questioni fondamentali del nostro tempo”. Dal 1959 al 1974, l’appuntamento omegnese rappresentò un evento di notevole rilievo nel panorama culturale italiano e internazionale. Nato da un fecondo incontro tra l’allora sindaco Pasquale Maulini con il comandante partigiano Cino Moscatelli e gli scrittori Mario Soldati e Mario Bonfantini, vide la collaborazione di prestigiosi nomi della cultura italiana nel corso delle tredici edizioni che si svolsero nella città che aveva dato i natali al celebre Gianni Rodari. Della giuria fecero parte scrittori e intellettuali importanti.
Tra i tanti vanno ricordati Guido Piovene, Mario Soldati, Carlo Salinari, Paolo Spriano, lo stesso Gianni Rodari, Cesare Zavattini, Rossana Rossanda, Orio Vergani, Raffaele De Grada, Italo Calvino, Franco Fortini, Filippo Frassati. Una rapida lettura del “libro d’oro” dei premiati offre l’idea del valore e dell’importanza dell’evento nella sua prima e storica edizione. Henry Alleg fu il primo ad essere premiato nel 1959 per “La tortura”; l’anno successivo il riconoscimento toccò ad un mostro sacro come Jean-Paul Sartre per l’intera opera. Nel 1961 Gunther Anders, filosofo e scrittore tedesco, vinse con “Essere o non Essere” e nel 1962 Frantz Fanon psichiatra e antropologo francese, nativo della Martinica e rappresentante del movimento terzomondista per la decolonizzazione, con “I dannati della terra”. Dopo il poeta spagnolo Blas de Otero per l’opera omnia (1963), Roberto Battaglia con “Risorgimento e Resistenza” nel ’64 e gli statunitensi Paul M. Sweezy e Leo Huberman per “Il presente come storia” e i volumi sulle teorie della politica estera americana e dello sviluppo capitalistico (1965), il premio venne assegnato simbolicamente ai lavoratori della “Cobianchi” di Omegna in lotta per la difesa del posto di lavoro.

Dopo una pausa di quattro anni, nel 1970, la scelta venne replicata per i lavoratori della “Rodhiatoce” di Pallanza, impegnati in una durissima vertenza.
Nel 1971 il premio venne destinato alla memoria di George Jackson, uno dei leader delle “pantere nere”, autore de “I fratelli di Soledad”, ucciso da un secondino nel carcere di San Quentin il 21 agosto di quello stesso anno. Nel 1972 e nel ’73 l’assegnazione toccò a due italiani: Camilla Cederna per “Pinelli: una finestra sulla strage” e Pietro Secchia per “La Resistenza accusa” e “Lotta antifascista e giovani generazioni”. L’anno dopo, il premio Omegna “Della Resistenza” fu assegnato al poeta e intellettuale ellenico Alekos Panagulis, fiero oppositore del regime dei Colonnelli, per “Vi scrivo da un carcere in Grecia”. Da quell’edizione e per vent’anni il premio venne sospeso. Una lunga pausa interrottasi nel 1995 in occasione del cinquantesimo anniversario della Liberazione con un’edizione straordinaria che segnò l’affermazione di “Appunti Partigiani 1944–1945″ di Beppe Fenoglio.

Il successo dell’iniziativa convinse l’amministrazione Comunale a rieditare dall’anno successivo e con una formula rinnovata il premio letterario intitolato alla Città di Omegna. Da allora sono stati premiati Adolfo Mignemi (Storia fotografica della Resistenza), Gherardo Colombo (Il vizio della memoria), Vincenzo Cerami e Roberto Benigni (La vita è bella), Tahar Ben Jelloun (Il razzismo spiegato a mia figlia), Giovanni Giudici (Eresia della sera) e Theo Richmond (Konin.La città che vive altrove), Ryszard Kapuscinski (Ebano), Cesare Garboli (Ricordi tristi e civili) e Giorgio Boatti (Preferirei di no), Giulietto Chiesa e Vauro (Afghanistan, anno zero), Nuto Revelli (Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana), Susan Sontag (Davanti al dolore degli altri), Guido Craiz (Il dolore e l’esilio.L’Istria e le memorie divise d’Europa), Angelo Del Boca (Italiani, brava gente?), Roberto Saviano (Gomorra), Boris Pahor (Necropoli), Alessandro Leogrande (Uomini e caporali), Bianca Guidetti Serra e Santina Mobiglia (Bianca la rossa), Marco Paolini (Ausmerzen), Anna Bravo (La conta dei salvati), Giuseppe Catozzella (Non dirmi che hai paura), Massimo Zamboni (L’eco di uno sparo), Massimo Cirri (Un’altra parte del mondo), Alberto Melloni (le opere di Don Milani nei Meridiani), Anna Lavatelli (Il violino di Auschwitz) e Enzo Bianchi (La vita e i giorni. La vecchiaia).

Il premio dedicato alla Resistenza non è solo un evento culturale e letterario, ma un punto fermo nell’identità di questa città insignita della medaglia d’oro per la lotta partigiana che ebbe tra i suoi cittadini più celebri quel Gianni Rodari che seppe inventare un nuovo modo di guardare il mondo attraverso gli occhi dei bambini, portando l’elemento fantastico nel cuore della crescita democratica dell’Italia repubblicana.