“La storia di Bella ciao è un romanzo mai finito, perché non esiste un testo unico, ma molte varianti che si trasformano e si intrecciano con una serie di storie di gruppo o individuali”  (Cesare Bermani)

Come è stato possibile a Bella ciao risalire la penisola partendo nel 1944 dai monti dell’Abruzzo assieme ai partigiani della Brigata Maiella e diventare nel decenni successivi “l’inno per eccellenza di tutti i ribelli del mondo”, tradotto e riadattato in decine e decine di lingue? Il saggio “Bella ciao“, dal sottotitolo “Storia e fortuna di una canzone: dalla resistenza italiana all’universalità delle resistenze” (Interlinea, 2020), è un volumetto che rispondere a questo interrogativo ripercorrendo la genesi di una tra le canzoni più popolari di sempre,  l’inno “tradizionale” della protesta internazionale: dalla rivoluzione cubana alle resistenze curde e siriane, cantata nelle piazze e ai funerali, oggi conosciuta in ogni parte del pianeta anche grazie alla diffusione attraverso le piattaforme e una fortunata serie televisiva.

A rispondere alla domanda iniziale non è uno storico qualunque, ma Cesare Bermani, tra i maggiori studiosi di musica e di tradizioni popolari del nostro paese, che nel suo saggio ci spiega che “non si finisce mai studiare la storia di un canto”, proprio lui che dagli inizi degli anni sessanta si è messo sulle tracce della nascita ed evoluzione di Bella ciao, individuando in Fior di tomba, la progenitrice del canto per eccellenza della resistenza italiana che grazie al suo “ecumenismo” ha saputo soppiantare  l’altro cavallo di razza della musica resistenziale, la troppo di parte “Fischia il vento“. E’ forse oggi grazie alla sua universalità e trasversalità che riesce a trasmettere e mantenere una funzione civile e politica che fa si che venga utilizzata dai giovani come inno “contro”, dalle dittature ai cambiamenti climatici.

Del passato e del futuro di Bella ciao, ci parla direttamente Cesare Bermani in questa intervista pubblicata su Youtube.