di Nino Boeti
Carlo Smuraglia, presidente emerito dell’Anpi Nazionale, non è più con noi. La sua vita si è chiusa in prossimità dei 99 anni. In questa circostanza, da cittadino il mio pensiero va a un grande italiano e da presidente dell’Associazione nazionale partigiani di Torino a un grande presidente dell’Anpi. L’ho incontrato alcune volte durante il mio incarico di Presidente del “Comitato Resistenza e Costituzione” della Regione Piemonte in eventi organizzati con l’Anpi torinese.Era un uomo che suscitava rispetto. Il suo eloquio fluente, la profondità dei suoi ragionamenti, il suo straordinario bagaglio culturale incidevano profondamente nelle persone che lo ascoltavano. È stato un grande custode della democrazia e della Costituzione. Non esitò a schierare sé stesso e l’Anpi contro chi pensava di modificarla. Era un uomo solido, la cui presenza ha dato all’Anpi un senso di sicurezza e di stabilità.
Non poteva essere altrimenti, a rifletterci, dinanzi ad una vita straordinaria come la sua. Avvocato, professore universitario, dopo l’8 settembre del ’43 rifiutò di arruolarsi nella Repubblica di Salò e si unì alla Resistenza nel gruppo “Combattimento Cremona” del nuovo esercito italiano alla diretta dipendenza dell’8a Armata Britannica. Come molti partigiani, alla fine della guerra, scelse l’impegno politico come ideale continuazione di quella lotta. Iscritto al partito comunista italiano (poi Pds e Ds), fu assessore alla Giustizia della provincia di Pisa, Presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Senatore della Repubblica per tre Legislature.
Da avvocato, negli anni ’60, fu parte civile al processo per la strage di Reggio Emilia del 7 luglio 1960, le famose giornate di luglio dei ragazzi con le magliette a righe, quando la Celere del governo Tambroni, sostenuto dai missini, sparò contro una manifestazione sindacale, uccidendo cinque civili. I morti di Reggio Emilia: “Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli, e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli, dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti, voialtri al nostro fianco per non sentirci soli…”, che il cantautore torinese Fausto Amodei sublimò nella canzone “Per i morti di Reggio Emilia”, scritta nello stesso anno. E sempre da avvocato fu al fianco di Licia Rognini, vedova del ferroviere Giuseppe Pinelli, l’anarchico e partigiano milanese che nella notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969 precipitò da una finestra della Questura di Milano, dopo 48 ore di fermo e continui interrogatori, quale indiziato della strage di piazza Fontana da cui risultò totalmente estraneo. A fianco di una vedova e delle sue bambine per chiedere giustizia. Non è un caso se in queste ore di cordoglio è stata la figlia di Licia e Giuseppe Pinelli, Claudia, a ricordare pubblicamente l’impegno di Carlo Smuraglia. Ancora. Un avvocato e un politico cui si deve una delle leggi più moderne del nostro ordinamento carcerario: la legge 193 del 2000, che porta il suo nome, grazie alla quale è stata introdotta un’agevolazione contributiva in favore dei datori di lavoro che impiegano persone detenute o internate, anche ammesse al lavoro esterno, ed ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari. Caro Carlo, con la tua assenza oggi ci sentiamo più soli.
Articolo pubblicato sul blog de “La Porta di Vetro” di Torino.