Alfredo Di Dio nacque a Palermo nel 1920 e morì a Finero nel 1944. Seguì gli studi classici a Cremona, dove la famiglia si era trasferita al seguito del padre, brigadiere di PS, dimostrandosi anche un giovane sportivo: praticò canottaggio, equitazione e scherma a livello agonistico con buoni risultati, soprattutto nell’uso della spada. Si era iscritto alla Facoltà di Legge e nel 1939 venne ammesso all’Accademia militare di Modena, da cui uscì nel 1941 con il grado di sottotenente carristi; fu istruttore a Vercelli e diventò tenente del 1° Reggimento carristi di Vercelli. L’8 settembre, constatato che da parte dei Comandi Superiori non vi era alcuna volontà di reagire all’aggressione nazista, tentò di opporsi ai tedeschi con un gruppo di uomini e di carri armati, lasciò la caserma di Vercelli, dirigendosi verso Novara, dove non trovò l’aiuto che aveva immaginato. Raggiunse così Cavaglio d’Agogna, in provincia di Novara, dall’antifascista Carletto Leonardi, dove venne raggiunto dal fratello Antonio, che, a Parma, dove era alla Scuola di Applicazione, era riuscito a fuggire dall’arresto tedesco, seguito ad una resistenza opposta con altri militari per tre giorni. Poi entrambi i fratelli si portarono in Val Strona, dove organizzarono la banda Massiola, una delle primissime bande partigiane in Piemonte. Qui i due fratelli Di Dio assumono il nome di battaglia “Diala”. A dicembre del 1943 avvenne l’unione con la formazione di Filippo Maria Beltrami, dando vita alla Brigata Patrioti Val Strona. Alfredo assunse il comando tecnico-tattico della nuova formazione.
“Marco”, questo l’appellativo partigiano di Alfredo Di Dio, fu arrestato il 23 gennaio a Milano, dove si era recato per incontrare il CLN e chiedere armi e finanziamenti. Per questa ragione non partecipò alla battaglia di Megolo, dove oltre a Beltrami morì il fratello Antonio. Tradotto al carcere di Novara, vi rimase fino all’aprile 1944. Uscito dal carcere Alfredo tornò in montagna in Ossola sopra Ornavasso e costituì il Gruppo Patrioti Ossola che il primo luglio divenne Valtoce il cui motto fu “La vita per l’Italia”, e i cui appartenenti erano contraddistinti dal fazzoletto azzurro. Giovanissimo e amatissimo dai suoi uomini, creò una formazione bene addestrata e coraggiosa, di orientamento cattolico, pur militando in essa appartenenti al Partito d’azione, Socialisti e Liberali oltre che Democratico Cristiani. La Valtoce divenne una delle formazioni più numerose dell’Ossola. Alfredo di Dio collaborò con le altre formazioni autonome dell’Ossola, la Valdossola e la Battisti, fu il principale autore della trattativa che costrinse i nazifascisti ad abbandonare Domodossola, senza coinvolgere i 30.000 abitanti in un conflitto a fuoco. Morì in un’imboscata a Finero, il 12 ottobre 1944, mentre difendeva la repubblica dell’Ossola. Sia Megolo sia Finero, nello svolgimento dei fatti, presentano ancor oggi contraddizioni e interrogativi mai chiariti e non del tutto risolti. L’università di Pavia gli conferì la laurea ad honorem nel 1947. Gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria. Ad oggi non è ancora stata scritta una biografia completa del comandante Marco, la cui personalità per rigore, valore morali e capacità militari, ha lasciato in chi l’ha conosciuto un ricordo indelebile. Ma molte sono le testimonianze su lui e le sue azioni, a iniziare da Aristide Marchetti nel suo Ribelle. Massara nella sua Antologia, scrisse le biografie dei due fratelli Di Dio. Molte testimonianze su Alfredo Di Dio si trovano oggi in quasi tutti gli scritti sulle vicende partigiane in Ossola; i giornali svizzeri alla sua morte gli dedicarono lunghi articoli. Importanti gli scritti dedicati espressamente ad Alfredo e Antonio Di Dio da Buridan Giorgio.
Il distintivo militare della Valtoce
Riportiamo il ricordo del comandante “Marco” redatto dalle volontarie e dai Volontari del Museo “Alfredo Di Dio” di Ornavasso.
“Il mio Comandante”, lo chiamava orgogliosamente Giorgio Buridan, suo affezionato patriota, che custodiva l’immagine di “Marco” come fosse un santino tra i suoi documenti.
“Il nostro Comandante” lo chiamiamo noi volontarie e volontari del Museo della Resistenza “Alfredo Di Dio” di Ornavasso, paese dove le persone lo ricordano sempre con affetto, soprattutto se erano suoi partigiani; con rispetto se erano dalla parte avversa; con il rispetto dovuto ad un uomo sempre leale, onesto, giusto e mai vendicativo. “Eroe” lo hanno definito i ricercatori storici inglesi, venuti ad Ornavasso negli anni ottanta per uno studio sulla memoria storica. “Supereroe” lo chiamerebbero oggi i ragazzini nei loro giochi di ruolo, così come lo vedevano anche i ragazzini di allora che, quando giocavano, volevano sempre stare dalla parte dei partigiani.
“…Campello Monti ci sono novità: con noi ci sono i partigiani di Alfredo e Antonio di Dio. Il loro gruppo si è fuso con il nostro dando vita alla brigata patrioti Val Strona con due compagnie la “Quarna” e la “Massiola”. Competenza militare e reclutamento sono riservate ad Alfredo, Antonio è ufficiale di ordinanza. Beltrami è il comandante. Il 23 dicembre avvenne l’incontro cordialissimo, festante. Gli uomini di Dio vengono avanti cantando un inno bersaglieresco. È un motivo bellissimo….” (A. Marchetti)
I due fratelli, Alfredo e Antonio Di Dio, erano infatti militari fino al midollo: da poco usciti dall’Accademia di Modena, avevano scelto di restare in servizio permanente effettivo e l’appartenenza all’esercito era il loro orgoglio, oltre che la loro regola di vita. Alla Messa domenicale partecipavano con la Compagnia che faceva il presentat’arm al momento dell’elevazione e la vita giornaliera dei partigiani era scandita, per quanto possibile, dal ritmo dell’addestramento e della formazione delle reclute.
Le prime azioni furono volte a racimolare armi e Alfredo Di Dio inventò, per evitare spargimento di sangue, un originale espediente: girava guidando un autofurgoncino, nascosto all’interno nel mezzo con mitra spianato vi era Carlo Zanini; quando le pattuglie tedesche e fasciste li fermavano e chiedevano i documenti, Alfredo diceva di rivolgersi al compagno, saltava fuori Carlo che intimava il “mani in alto”, così si facevano consegnare le armi.
Nel dicembre del 1943 avvenne l’unione con la formazione di Filippo Maria Beltrami, dando vita alla Brigata Patrioti Val Strona. Alfredo assunse il comando tecnico-tattico della nuova formazione. La fusione avvenne dopo un fortuito drammatico incidente alla salita del Buccione presso Orta, in cui Beltrami e la moglie, che viaggiavano su una macchina sequestrata ai nazisti, furono fatti oggetto, perché scambiati per tedeschi, di una sparatoria da parte degli uomini di Alfredo Di Dio. Nell’incidente restarono leggermente feriti Beltrami stesso e la moglie, e morì il giovane autista Franco Rossari.
Ma questa collaborazione ebbe poco tempo per svilupparsi appieno: il 13 febbraio, mentre Alfredo Di Dio era incarcerato dopo l’arresto del 28 gennaio, il Capitano Filippo Maria Beltrami e Antonio Di Dio al suo fianco, morivano in battaglia al Cortàvolo di Megolo. Nulla fu più come prima.
All’uscita dal carcere Alfredo, il 6 marzo, dopo un periodo trascorso presso l’Avvocato Giacomo Luigi Borgna, esponente del C.L.N. di Borgomanero, che era per lui e il fratello come un padre, raggiunse dei giovani che si erano dati alla macchia sopra Ornavasso. All’Alpe Cortemezzo, incontrò Nicola Rossi ed altri ragazzi del posto diventando il Comandante “Marco”, suo nome di battaglia.
Ogni giorno il gruppo si ingrandiva, perché molti renitenti alla leva sapevano di poter trovare nel “Primo Gruppo Ossola” un comandante serio e competente. Dal 1° luglio 1944 il gruppo prese il nome di “Valtoce” e con la “Valdossola” a Piedimulera, con la “Piave” dalla Cannobina, con le “Garibaldi” in Valle Antigorio e Formazza, crearono i presupposti per la liberazione di Domodossola, con la storica trattativa del 9 settembre, condotta tra gli altri da Alfredo Di Dio, nel ruolo militare, il solo ruolo riconosciuto dai tedeschi.
Anche per Alfredo il tempo fu breve: in una pericolosa ricognizione a Fìnero, Alfredo Di Dio cadde il 12 ottobre 1944.
Bibliografia di riferimento
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- Anita Azzari, L’Ossola nella Resistenza Italiana, Il Rosso e il Blù, S.Maria Maggiore (VB) 2004
- Giorgio Buridan, In cielo c’è sempre una stella per me: Diario di guerra partigiana…, Tararà, Verbania 2014
- Vincenzo Beltrami “Barba”, Con la Valtoce nella terra che bevve il suo sangue, Comune di Valstrona, 2008
- Vincenzo Beltrami, La Valle Strona nella bufera, 8 settembre 1943-25 aprile 1945: testimonianze partigiane nella Resistenza, Alberti, Verbania 2003
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- Enrico Massara, Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese, Istituto Storico della Resistenza, Novara 1984. In particolare il capitolo I giorni e la battaglia di Megolo” pp. 578-598. La biografia è riportata alle pp.739-743.
- Eugenio Cefis “Alberto”, Marco e Antonio Di Dio, in Mercurio, dicembre 1945
- Associazione Raggrupp. Div. Patriorioti “Alfredo Di Dio” e Museo della Resistenza di Ornavasso, Antonio e Alfredo Di Dio, ribelli per amore, Busto Arsizio, Ornavasso, s.d.
- Luigi Pellanda, L’Ossola nella tempesta, Grossi, Domodossola 2002
- Peter Tompkins, L’Altra Resistenza: Servizi segreti, parigiani e guerra di liberazione…, Il Saggiatore, Milano 2009
- Guido Weiller, La bufera – una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell’Ossola, Giuntina, Firenze 2002.
- “Valtoce”, Volantino quotidiano della divisione e degli aderenti alla formazione, Domodossola 1, 26.09.1944 – n.8, 5.10.1944 [gli articoli, non firmati del volantino, rispecchiano il pensiero del comandante Alfredo Di Dio, che incaricò della redazione il Commissario di guerra “Giorgio” Buridan]
Sitografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Di_Dio
https://www.anpi.it/donne-e-uomini/903/alfredo-di-dio
Motivazione Medaglia d’Oro