Nato a Palermo, nel 1928 con la famiglia si trasferì a Cremona, dove studiò al liceo classico Manin. Dopo la Maturità, si iscrisse all’ Università di Pavia che gli conferì la laurea ad honorem, post mortem, nel 1947.  Antonio frequentò, come il fratello Alfredo, l’accademia militare di Modena da cui uscì con il grado di sottotenente. Fu inviato al 114° reggimento di fanteria in Calabria, da dove venne trasferito alla scuola di applicazione di Parma. Al momento dell’Armistizio, si trovava di stanza a Parma. Si ribellò ai tedeschi, fuggì dalla prigionia dopo l’arresto, raggiunse a Novara il fratello Alfredo e fondò con lui il gruppo Massiola in Valle Strona. Antonio cadde a Mégolo il 13 febbraio del 1944 accanto a Beltrami, che si rifiutò di abbandonare. I due fratelli Di Dio usarono il nome Diala come raccontò Renato Richetti, il partigiano “René” che li incontrò all’osteria di Crusinallo.

 

I fratelli Di Dio

Molti sono gli scritti pubblicati da cui emergono le personalità dei due fratelli. Tra i primi a incontrarli fu Aristide Marchetti, il quale scrisse il 6 gennaio ’44:

Vengo a conoscere meglio i fratelli Di Dio. Sono due ragazzi in gamba: egualmente generosi e decisi. Mi stupisce l’età di Alfredo, specie nei confronti del fratello. Come carattere e portamento. Alfredo dimostra venti anni di più: appartato, serio, riservato, tanto quanto Antonio è vivace, entusiasta, ciarliero. Uno attira il rispetto, l’altro la confidenza”[1] .

Anche Guido Weiller, il ragazzo ebreo che si era unito ai partigiani, ricordò i due fratelli Di Dio a Campello Monti, al comando di Beltrami, nel suo testo La bufera. Come al fratello Alfredo, gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria. Presso il Comune di Pieve Vergonte, nel certificato di morte, accanto al nome di Antonio Di Dio vi è come professione: “impiegato”. Da indagine di Margherita Zucchi si apprende che è stata una imposizione fascista, perché non era accettabile che un ufficiale dell’Esercito apparisse come morto in combattimento avendo scelto di essere partigiano nella Resistenza.

Il Cerificato di morte di Antonio Di Dio.

Di seguito il ricordo redatto per lui dalle volontarie e dai volontari del Museo “Alfredo Di Dio” di Ornavasso

Marciar, marciar… gli batte il cuore…

Una vecchia canzone dei bersaglieri, trasformata in canto partigiano, ad opera di… Antonio Di Dio, tenente di fanteria! È diventata la canzone del Gruppo Massiola, della Formazione d’assalto Valle Strona e poi quella della Formazione Beltrami, si è diffusa a tutta la Valtoce e a tutto il Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio. Oggi si direbbe un bel successo discografico! Antonio amava la musica e possedeva una certa vena creativa, che riusciva ad esprimere in molteplici situazioni. Così questo ritmo accelerato è diventato la canzone – inno “Marciar marciar”.

Seguì le orme el fratello maggiorei Alfredo, che amava moltissimo, di cui si fidò sempre e da cui era amato e stimato. Erano cresciuti insieme, maturando un legame forte e una grande intesa. Avevano un “comune sentire”, ma erano diversi. Alla riservatezza carismatica di Alfredo, Antonio poneva sull’altro piatto della bilancia tutta la simpatia di un carattere estroverso. Giovane, ma coraggioso, subito dopo l’armistizio con le armi in pugno combatté a Parma, dove era dislocato, contro i tedeschi. Scelse con consapevolezza e decisione di salire in montagna al fianco del fratello Alfredo quando, in una breve tappa di ritorno a casa, disse al padre che avrebbe voluto fermarlo in considerazione della sua giovane età, di non essere un bambino, ma di sapere ciò che faceva. Era sempre pronto a battersi senza risparmiarsi, come in occasione dell’aiuto decisivo portato ai garibaldini in Valsesia attaccati dai nazifascisti, quando il valore di Antonio fu riconosciuto dallo stesso Moscatelli. Dopo l’arresto di Alfredo si prodigò in ogni modo per la sua liberazione. Morì a Megolo  al fianco di Beltrami. Non volle abbandonare il Capitano nemmeno quando lui stesso glielo ordinò, rimase, affermando di non essere un vigliacco. Fu colpito alla gamba destra, e ad un occhio. Le ferite mortali spensero i suoi luminosi occhi azzurri. Alfredo appena liberato dal carcere di Novara si recò sul luogo preciso della morte di Antonio e vi rimase a lungo. Solo.

Ad antonio fu conferita la medaglia al Valor militare alla memoria. A Novara un plesso di scuola primaria è intitolato ai due fratelli.

Bibliografia di riferimento

  • Cesare Bettini, Memorie di un partigiano, I quaderni del portavoce n 28, Cassano d’Adda [1995]
  • Paolo Bologna, La battaglia di Mégolo, Comune di Pieve Vergonte, 2007
  • Giorgio Buridan, “Antonio ed Alfredo Di Dio”, in Valtoce, Volantino della 1° Divisione del Raggr. Div. Patrioti Cisalpine “Alfredo Di Dio”, anno 2, 1945, Baveno, n. [1] 27.04.1945, e Milano, n. 3, 3.05.1945
  • Giuliana Gadola, Il Capitano” Sapere 2000, Roma 2004
  • Aristide Marchetti “Aris”, Ribelle: nell’Ossola insorta con Beltrami e Di Dio: novembre 1943 – dicembre 1944, Hoepli, Milano 2008
  • Enrico Massara, nella sua Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese, St.Resistenza, Novara 1984
  • Eugenio Cefis “Alberto”, Marco e Antonio Di Dio, in Mercurio, dicembre 1945
  • Associazione Raggrupp. Div. Patriorioti “Alfredo Di Dio” e Museo della Resistenza di Ornavasso, Antonio e Alfredo Di Dio, ribelli per amore, Busto Arsizio, Ornavasso, s.d.
  • Guido Weiller, La bufera – una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell’Ossola, Giuntina, Firenze 2002.

 

[1] Ribelle, p. 63