Nato a Cireggio (VB) nel 1908  e caduto a Mégolo nel 1944. Architetto, sposò Giuliana Gadola da cui ebbe tre figli Luca, Giovanna e Michele. Diversi i nomi per definirne la personalità: “Il Capitano”, così come il titolo che la moglie Giuliana Gadola Beltrami, darà al suo libro, già apprezzato da Pavese; “Il Cavaliere alla macchia”, secondo Concetto Pettinato (articolo 29.10.1943 su La Stampa); “Il signore dei ribelli”, titolo dato da Mauro Begozzi al suo libro dedicato a Beltrami (ISRN, Anzola d’Ossola 1991). Beltrami nel 1943 era capitano di artiglieria. Dopo l’8 settembre fuggì dalla caserma di Baggio e, recatosi nella villa di famiglia a Cireggio, allora provincia di Novara, dove era già noto per le sue idee antifasciste, rispose alla richiesta di alcuni giovani del luogo e di militari “sbandati” e di un gruppetto che già si era formato sopra Quarna, di porsi al comando della resistenza. Ottimo organizzatore, benvoluto, ricevette molti aiuti da parte delle popolazioni del Cusio, così che a fine ottobre i partigiani erano già una sessantina e su di lui fu posta dai fascisti una taglia di centomila lire. Alla fine di gennaio la Formazione Brigata Patrioti Valstrona, che riuniva uomini di diversa fede politica, a causa di un concentramento di forze nemiche in Valstrona, si portò in Val d’Ossola. Beltrami andò a Megolo dove, respinte le proposte di resa dei tedeschi, fu ucciso in battaglia con altri 11 partigiani. In suo onore gli venne intitolata la Brigata Alpina d’assalto Filippo Beltrami, comandata da Bruno Rutto.  A Filippo Maria Beltrami è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. A lui a Omegna sono intitolate una piazza e l’Istituto Comprensivo. Le celebrazioni della battaglia di Megolo si svolgono ogni anno con grande partecipazione.

Quella di Beltrami è una figura affascinante, come poche altre avvolta da un’idea di mito ed unicità.

Riportiamo di seguito il ricordo che di lui hanno steso le volontarie e i volontari del Museo della Resistenza “Alfredo Di Dio” di Ornavasso, con cui l’Istituto Fornara ha collaborato per la stesura di alcuni dei profili dei protagonisti de #lanostraresistenza, che si apre con le parole che la moglie, Giuliana Gadola, usa nel suo libro Il Capitano:

“Dovere di combattere per la giustizia, dovere di non isolarsi quando il mondo intero lotta e soffre, dovere di essere umani e dignitosi. Uno di fronte all’altro, soprattutto. Ed è qui che si sono poste le radici del fatto personale. Perché sentivamo che, mancando a quel che ci pareva un obbligo preciso, avremmo perso un poco di stima di noi stessi, un poco di stima l’uno dell’altro.”¹

Lo stile, il garbo, la calma, la gentilezza dell’uomo è anche la caratteristica del soldato, richiamato a militare nel maggio del ’43 col grado di tenente: lui sapeva bene di rappresentare, in una recondita valle di montagna, il Governo Italiano costituitosi nel Sud d’Italia; sapeva bene di rappresentare, in quanto militare, la parte sana dell’esercito regio e cercava di farlo al meglio.

“Non era facile elaborare i piani d’azione, definire quotidianamente un “ordine del giorno” e, all’interno di questo, stabilire dove avrebbero dovuto dirigersi una o più pattuglie, una o più squadre. Per il Capitano, per Lino e per altri due o tre “ufficiali” (di fatto, anche se non di nome) c’erano da tenere i contatti con Omegna, con i vari CLN, con l’organizzazione clandestina del Cobianchi, la grande industria metalmeccanica della città, un essenziale fattore d’appoggio, di spinta, di rifornimenti, come avrei constatato di persona più tardi.”

Sono parole di Guido Weiller, di famiglia ebrea, approdata clandestinamente ai monti del Cusio e dell’Ossola, grazie alla lungimiranza del padre Augusto.

Proprio in quei primi tempi arrivò in Valle Strona la prima delle radio ricetrasmittenti per le comunicazioni a lungo raggio e nacquero i primi progetti di stampa clandestina, infatti “Il Capitano” si rivolgeva spesso alla popolazione con manifestini e proclami, inoltre aveva immaginato, insieme ai fratelli Antonio e Alfredo Di Dio, un vero e proprio giornale, organo del CLN. L’idea verrà attuata solo durante l’estate del ’44 da Licinio Oddicini, quando ad Omegna, dichiarata “zona neutra”, avrebbe trovato lo stampatore de’ Il Crivello. L’involontario incidente sulla strada di Buccione, che costò la vita all’autista e insieme aveva coinvolto la moglie Giuliana e lo stesso Capitano con lievi ferite, dopo una sonora litigata, aveva indotto Alfredo a scusarsi e ad accordarsi con Beltrami per accorpare le due formazioni: l’una a Massiola, l’altra al Cortavolo. Ma a fine dicembre, in cerca di una posizione migliore per l’inverno, il gruppo si spostò a Campello Monti affrontando una pesante marcia di trasferimento, con gli occhi sempre puntati su Omegna dove fu disposto un blocco per l’approvvigionamento di armi.

“Il mese di gennaio segnò l’apice dei successi…Alfredo Di Dio aveva il comando tecnico militare del gruppo, Filippo il comando militare superiore, che si allargava alle tre valli; e così, alleggerito di molto lavoro materiale, aveva più tempo per ‘fare la guerra’. Ad ogni nuova impresa la sua fama si allargava ancora, acquistava sapore e proporzione di leggenda. La popolazione soprattutto si entusiasmava e collaborava generosamente, eroicamente talvolta, coi partigiani.”(da Il Capitano di Giuliana Gadola)

L’8 gennaio ’44 ci fu un incontro in un monastero ad Ameno con il prefetto di Novara Tuninetti, il questore Abrate, alla presenza del Vescovo Mons. Ossola per un patto di non belligeranza: Filippo con garbo aveva rifiutato l’accordo.

Tre giorni dopo, un attacco pesante avvenne in Valsesia: subito Beltrami inviò rinforzi a Moscatelli, un centinaio di uomini al comando di Antonio Di Dio e di Li Gobbi.

A fine gennaio arrivarono ad Omegna i Tedeschi delle SS. Alfredo Di Dio il 28 gennaio era stato arrestato a Milano e tradotto in carcere a Novara: verrà rilasciato il 6 marzo.

Le frequenti puntate e l’azione di blocco erano diventate inaccettabili per i nazifascisti, quindi la posizione in testa alla valle stava diventando troppo pericolosa. Fu deciso uno spostamento in pieno inverno verso la Val d’Ossola. A metà strada, all’Alpe del Campo, Beltrami lascia liberi gli uomini di continuare o di rinunciare. C’è un momento di nervosismo e di scoraggiamento. Ed è a questo punto che il Capitano Simon sarebbe disposto ad un atto di clemenza, nettamente rifiutato da Beltrami. La situazione precipita verso la battaglia più studiata e più discussa di tutta la storia partigiana del territorio: la battaglia di Megolo, nella quale perdono la vita, insieme al Capitano Filippo Maria Beltrami, il tenente Antonio Di Dio, il tenente Giovanni Antonio Citterio, Clovena Angelo, Bassano Angelo, Carletti Aldo, Marino Paolo, Toninelli Elio, Gorla Emilio, Antibo Carlo, Creola Bartolomeo, Pajetta Gaspare.

 

Bibliografia di riferimento

 

  • “Ricordi della Resistenza”, guida del Museo della Resistenza “Alfredo Di Dio” di Ornavasso, CMVO, Raggruppamento Divisioni Patrioti “Alfredo Di Dio”, ed. Aligraphis, Gravellona Toce 2004.
  • Mauro Begozzi“Il signore dei ribelli”,ISRN , Anzola d’Ossola 1991
  • Aristide Marchetti”Aris”, Ribelle: nell’Ossola insorta con Beltrami e Di Dio: novembre 1943 – dicembre 1944, Hoepli, Milano 2008
  • Cesare Bettini, “Memorie di un partigiano”, Il Portavoce, Cassano d’Adda [1995]
  • Giuliana Gadola Beltrami, Il Capitano, Lampi di stampa, 2016 (Questo libro, ristampato in diverse edizioni dal 1945 ad oggi, è stato riproposto in occasione del lancio del film “Giuliana e il capitano” di Vanni Vallino. Un’appendice, comprendente pagine di Gianni Rodari, Marziano Guglielminetti, Eugenio Montale, Piero Calamandrei e Mauro Begozzi, arricchisce l’edizione del 1964, di cui il volume è fedele riproduzione).
  • Paolo Bologna, “La battaglia di Mégolo”, Comune di Pieve Vergonte, 2007
  • Massara, nella sua “Antologia”, gli ha dedicato“I giorni e la battaglia di Mégolo” un ampio capitolo dalle pagine da 578 a 598;
  • “Il Cavaliere della Macchia”, nel giornale di Bellinzona, Popolo e Libertà, articolo a firma P.F. nel supplemento di giovedì 15 febbraio 1945.
  • Mario Macchioni, “Filippo Maria Beltrami: Il Capitano”, Mursia, Milano 1980.
  • Guido Weiller, “La bufera – una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell’Ossola”, Giuntina, Firenze 2002.
  • Giorgio Buridan, “In cielo c’è sempre una stella per me”, Tararà, Verbania 2014

 

 

Filmografia

Giuliana e il capitano: la storia d’amore tra Giuliana Gadola e Filippo Beltrami negli anni ’40 / un film di Vanni Vallino; soggetto e sceneggiatura Vanni Vallino, Mauro Begozzi. – Novara: Immagina, 2011. – 1 DVD (ca. 60 min.)

 

Non c’è tenente né capitano, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

Realizzazione di Claudio Cormio e Paolo Gobetti. Testimonianze di Giuliana Gadola Beltrami, Cesare Bettini, Amleto Boldini, Bortolo Consoli, Pippo Coppo, Enrico Massara, Giuseppe Romagnoli, Bruno Rutto, Egidio Smaniotto, Franco Spirito, Gino Vermicelli, Guido Weiller, Giovanni Zaretti, Dino Zola. Con la collaborazione dell’Istituto storico della Resistenza in provincia di Novara “Piero Fornara” e con il sostegno del Comitato per il 50esimo della Liberazione della provincia di Novara, della città di Omegna e della Comunità montana Cusio Mottarone.

 

 

Sitografia

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Beltrami

 

https://www.isrn.it/materiale/dvd_chiovini/sentiero_beltrami/home_1.html

 

https://www.anpi.it/donne-e-uomini/1097/filippo-beltrami

 

http://www.ancr.to.it/wp/due-film-sul-comandante-beltrami-su-giuliana-sua-moglie-e-sulla-battaglia-di-megolo/

 

http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/colombara106.html

 

¹Giuliana Gadola, Il Capitano, Sapere 2000, Roma, 1994 pag. 9