I manifesti della Liberazione
#lanostraresistenza
Avvisi, decreti, chiamata alla raccolta, inviti alla popolazione, ma anche ammonimenti e ordini. Nella messa on line dei documenti per #lanostraResistenza, non potevano mancare i “Manifesti della Liberazione” affissi sul muri dell’intera provincia dalla Prefettura, dalla Questura, dal Comitato di Liberazione Nazionale, dal Corpo Volontari della Libertà e dagli Alleati, già a partire del primissimo pomeriggio del 26 aprile del 1945. Il nostro Istituto ne possiede un importante numero e sono catalogati nel “fondo manifesti” che consta in totale di oltre 2.500 pezzi.
Abbiamo ritenuto che fosse importante metterne a disposizione un certo numero di questi documenti, che meglio di altri spiegano il clima in cui le autorità post fasciste dovettero muoversi nelle prime settimane dopo la fine della guerra e dell’occupazione. Anche se talvolta emerge tra le righe una certa marzialità, retaggio del recentissimo passato, i manifesti fatti affiggere dalle pubbliche autorità, espressione del Comitato di Liberazione Nazionale provinciale, a poche ore dalla Liberazione della città, segnano una svolta anche con il modo in cui i nuovi poteri comunicano le loro decisioni ai cittadini o ne chiedono il coinvolgimento. Pur essendo medesimi gli scopi perseguiti dalle vecchie e nuove autorità, dalle richieste di arruolamento al contrasto della borsa nera, dal razionamento dei carburanti, al divieto di possedere armi da fuoco, differenti sono le reazioni in caso che l’invito (o l’ordine) non venga seguito. Medesimi gli scopi, ma differente il linguaggio. Sparisce l’uso della violenza verbale premonitrice di quella fisica in caso di disobbedienza. Compaiono nei manifesti post Liberazione concetti assai distanti rispetto al passato. I trasgressori delle disposizioni non saranno più abbandonati all’arbitrio del gerarca o del questore, passati per le armi sul posto, ma saranno sottoposti solo alle conseguenze previste per legge. “La giustizia sarà severa, ma deve essere legale”, conclude il manifesto del 30 aprile che annuncia l’insediamento del Tribunale militare a partire dal giorno successivo. I manifesti prodotti non contengono disegni, caricature, troppe frasi ad effetto. Sono essenziali nella comunicazione.
Il paternalismo, espresso in maniera magistrale durante il vecchio regime dai gerarchi locali durante le campagne agricole, è sostituito dall’invito alla ripresa dei lavori nei campi. Invito che viene rivolto soprattutto nei confronti di coloro che avevano abbandonato la terra per il lavoro nelle fabbriche. I manifesti che invitavano l’arruolamento nelle forze armate della R.S.I. o nei corpi ausiliari, pena la deportazione nei campi di lavoro in Germania, vengono sostituiti da altri che propongono, indirizzati soprattutto agli appartenenti al Corpo dei Volontari della Libertà, l’arruolamento nella forza pubblica, con lo scopo di sostituire i vecchi organici troppo compromessi con il regime o ridotti al lumicino per le continue defezioni.
Infine dalla lettura dei manifesti della liberazione si intuisce molto anche delle personalità degli estensori, della loro cifra morale. Interessanti, sotto questo punto di vista, sono i manifesti a firma del nuovo Prefetto Piero Fornara. In particolare quelli che attengono il comportamento da tenere dai cittadini nella particolare situazione, che ricordiamo, almeno fino all’arrivo in città degli Alleati i primi giorni di maggio, è ancora incerta in quanto i tedeschi sono sì rinchiusi nella caserme, ma hanno a disposizione ancora tutto il loro arsenale bellico. Quindi, giubilo sì ma con moderazione e soprattutto niente balli, sia pubblici che privati!
Si tratta di materiali fragili, che non possono essere troppo frequentemente maneggiati e che è meglio non esporre per ragioni di conservazione. La selezione che proponiamo, alla quale avevamo cominciato a lavorare alcuni mesi fa, è comunque esaustiva. Ci auguriamo di potere in futuro ampliare la digitalizzazione e la messa on line di questo particolare fondo.