presentazione
il sentiero Beltrami
il sentiero Chiovini
- Presentazione - Il Sentiero Chiovini
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crediti redazionali
Istituto storico della resistenza e della società contemporanea Pietro Fornara
la memoria delle alpi
Una verde radura dove pascolavano delle capre

Il 23 giugno mi trovò assopito in un canalone, ma fui svegliato da strani rumori e vidi sbucare dai cespugli vicini quattro volti che non avevano più nulla di umano e che il destino aveva preservato dalla cattura. Erano i fratelli Castiglioni di Vogogna e due loro cugini. Ci abbracciammo fraternamente ed essendo loro pratici della zona, decisero di scendere il canalone e attraversare il torrente. Ma io ero giunto al limite delle mie forze e i miei compagni dovettero alternarsi nel trascinarmi, malgrado fossero essi stessi sfiniti. Considerando che anch'essi sarebbero presto rimasti completamente privi di forze e non volendoli sacrificare, li pregai di raggiungere da soli qualche baita e di mandare appena possibile degli alpigiani in mio soccorso.
A malincuore partirono e io rimasi di nuovo solo assopito non so quanto ancora. Avevo perso la nozione del tempo e di tutto.
Un violento temporale scatenatosi improvvisamente mi bagnò tutto, ma dopo qualche ora, riparato sotto gli alberi gocciolanti, in un nuovo tentativo di salvarmi a ogni costo, radunando le poche mie forze, strisciando ancora per parecchio tempo, giunsi al bordo di un ciglio e vidi una verde radura dove pascolavano delle capre. (L'alpe Serena ndr) Era la salvezza! Era la vita che ritornava, perché pensavo che logicamente vicino alle capre ci dovevano stare i pastori e le baite, quindi l'aiuto.
Mi stavo trascinando verso un gruppo di baite, quando mi scorse un partigiano, un carabiniere di Premosello, che mi venne incontro e mi prese in braccio come fossi un bambino, portandomi fin dentro una baita, dove alcuni alpigiani stupiti e commossi nel vedere un simile relitto umano, si prodigarono per rifocillarmi, mentre io scoppiavo in un pianto dirotto.
Era il 24 giugno: il rastrellamento nella Val Grande era finito e i tedeschi stavano sgomberando la zona. Per tredici giorni quelle belve ci avevano dato la caccia riducendoci a un manipolo di superstiti. Il comandante Superti, che nell'imboscata della Portaiola dopo un vivace scontro aveva potuto sganciarsi con pochi uomini, era giunto il giorno prima all'Alpe Crot e aveva cominciato a radunare i superstiti. Informato del mio salvamento mi mandò per mezzo di una staffetta una bottiglia di vino ristoratore, invitandomi a raggiungerlo. Sempre trascinato per mano, perché non avevo ancora ripreso forza, raggiunsi l'Alpe Crot di Sopra, vicino alla Colma.

Gianni Cella
Testimonianza in CHIOVINI N. Val Grande partigiana e dintorni Comune di Verbania, Comitato della Resistenza, 1980

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