Il nido d'aquila inaccessibile
La caratteristica della Val Grande è quella di essere una valle chiusa con un unico sbocco verso il Verbano costituito dalla lunga forra del torrente San Bernardino percorsa dalla rotabile che porta a Cicogna ed ha in Ponte Casletto il punto nevralgico: un luogo facilmente difendibile. Diversamente, solo bocchette alte e raggiungibili lungo impervi sentieri (e anch'esse facilmente difendibili) permettono l'accesso dopo ore di cammino. Nella primavera 1944 Superti ha attestato il "Valdossola" in ogni ricovero possibile lungo la forra della Val Grande; Muneghina è attestato tra i corti di Velina e Buè a difesa dell'accesso meridionale, mentre esigui gruppi di partigiani proteggono ogni bocchetta lungo l'impervia catena dei Corni di Nibbio. Dopo i falliti attacchi fascisti dell'11 febbraio all'alpe Ompio e del 28 aprile sui Corni di Nibbio, nei comandi partigiani si consolida la convinzione dell'inespugnabilità della Val Grande ("il nido d'aquila inaccessibile"). Ad est e a sud del Monte Zeda e in Valle Intrasca, la "Cesare Battisti" e la "Giovane Italia" proteggono il fianco orientale.
L'inaccessibilità della Val Grande ha però un'altra faccia della medaglia. Scrive Nino Chiovini: "Con lo spostamento in Val Grande il "Valdossola" si è allontanato dalle sue fonti di sussistenza ed ha ingigantito i suoi problemi in tal senso. Orfalecchio dista ben otto ore di marcia da Premosello e due ore più quindici chilometri di cattiva carrozzabile da Intra e da Pallanza: il "Valdossola" , allontanandosi dai centri abitati, ha necessariamente allentato i legami con la popolazione, il cui aiuto è essenziale per l'esistenza e lo sviluppo del movimento partigiano."; (da CHIOVINI N. I giorni della semina pp. 19-20).
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