Il saccheggio di Cicogna
Erano quaranta tedeschi e quaranta fascisti, con un capitano tedesco e uno fascista. Quello che comandava era il tedesco non perché più anziano (aveva 70 anni) ma perché i tedeschi non si fidavano di quei calabragbe di fascisti. Li controllavano anche quando montavano di sentinella. Il capitano tedesco non sapeva una parola di italiano e per tutto il tempo non l'ho mai visto sorridere. Degli altri tedeschi molti si arrangiavano a parlare italiano.
Da Rovegro ci portano a Cicogna. In piazza, alt. 1 quaranta tedeschi non si sono mossi. Invece i quaranta fascisti sono andati in giro per il paese a fare razzia. Tutta la gente era scappata e Cicogna non l'avevano ancora bombardata. Noi ostaggi rimaniamo lì coi tedeschi che poco dopo si mettono in marcia per la Casa dell'Alpíno.
Il rifugio stava già bruciando. Poi arrivano anche i fascisti, tutti sfiniti, carichi di biancheria, rotoli di tela, coperte e altra roba rubata nelle case di Cicogna. Avranno passato tutto il paese, portando via anche i soldi. Il capitano tedesco prende il capitano fascista e gli ordina di gettare tutta la mercanzia del rubalízio nella cucina della Casa dell'Alpino che era in fiamme. Un gran falò. Roba da matt.
Dopo ho saputo che i fascisti hanno portato giù da Cicogna molta roba tra cui una bella macchina da cucire. Ne hanno venduta anche a Rovegro. Andavano in giro per le case a offrirla.
lo non sarei stato capace nemmeno se me la regalavano. Non si può approfittare così delle disgrazie degli altri. Il nostro vecchio parroco don Giovanni in chiesa diceva: "Per carità, chi ha comperato la roba di Cicogna la renda a quella povera gente che sono tutti nudi!". Certi gliel'avranno anche data, ma certi no.
Paolo Bariatti
Testimonianza in VALSESIA T. Valgrande ultimo paradiso Alberti, Verbania, 1985
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