Tutti sul canalone !
Di soprassalto il mattino del 17 ci svegliarono i colpi di una violenta fucileria: un masso fatto cadere da un partigiano di una nostra pattuglia, l'aveva fatta individuare dai tedeschi che avevano trascorso la notte poco più sotto. Ricordo bene l'ordine del comandante:
Tutti sul canalone! Colti di sorpresa parecchi non furono in grado di eseguire l'ordine e si incamminarono sul sentiero percorso il giorno prima, rimanendo presi tra due fuochi, perché un'altra colonna tedesca ci stava seguendo dal giorno precedente; questo gruppo di partigiani, costretti ad accettare il combattimento, ebbero morti, feriti e prigionieri.
lo che salivo il canalone come uno stambecco e sentivo anche l'abbaiare dei cani che i tedeschi avevano con sé, guardando dall'alto vidi rannicchiato dietro un cespuglio il giovane studente Zaccaria che aveva il braccio steccato per una precedente ferita; questi credette di poter cosi sfuggire alla cattura, ma avvistato fu fatto prigioniero e fucilato con altri compagni.
Dopo una faticosissima salita su per il canalone, tra rocce a strapiombo che solo la fantasia può immaginare, nascosti tra i macigni e mimetizzati tra il fogliame, passammo la notte attanagliati dal freddo, dalla paura e dalla fame.
Il mattino seguente riprendemmo la marcia senza una meta precisa, tra luoghi impervi, sostando qualche ora per riposare negli anfratti più profondi; poi ancora in cammino, mentre ogni tanto rovesci di pioggia ci investivano, aggiungendo nuovi disagi al nostro fisico così duramente provato dalle privazioni e dalla stanchezza. Giungemmo in un luogo dove solo i camosci passavano: infatti mentre eravamo fermi un istante vicino al comandante, ne vedemmo uno a pochi metri saltare via e sparire come un razzo; sarebbe stato un magnifico pranzo, ma non potevamo sparare per non attirare l'attenzione degli alpenjager che ci inseguivano.
Ricordo che intirizziti dal freddo e inzuppati di pioggia chiedemmo di avere un po' di fuoco e il comandante, assicuratosi che un'ampia grotta era ben nascosta alla vista, ce lo permise. Accendemmo allora dei focherelli con pochi sterpi e passammo la notte un poco al caldo. L'attendente del comandante, il povero Barbaini, che verrà poi ucciso alla Portaiola, ebbe l'incarico di mettere in nota chi voleva abbandonare la formazione, ma nessuno aderì perché ormai tutti ci sentivamo uniti e accomunati dalla medesima sorte.
Gianni Cella
Testimonianza in CHIOVINI N. Val Grande partigiana e dintorni Comune di Verbania, Comitato della Resistenza, 1980
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