presentazione
il sentiero Beltrami
il sentiero Chiovini
- Presentazione - Il Sentiero Chiovini
- Il Verbano nella primavera 1944
- Maggio - giugno 1944
- Il rastrellamento: cronaca di dieci giorni
- Il sale della terra
- 1944-45
- Il Sentiero Chiovini
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- Avevo gli occhi di un falchetto
- Cesare Battisti 17 giugno
- Chiamata alle armi
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- Con i malati
- G. Cella, 17 giugno 1944
- G. Cella, 23 giugno 1944
- G. Cella, L'imboscata di Portaiola
- Il ponte di Casletto
- Il saccheggio di Cicogna
- L'ufficiale mascherato
- M. Muneghina, 12 giugno 1944
- Nove giorni in Pogallo
- Pochi medicinali e qualche benda
- Portaiola
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- Testimonianza di Carlo Suzzi
- Testimonianza di Giuseppe Perozzi (Marco)"
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la repubblica partigiana dell'Ossola
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Istituto storico della resistenza e della società contemporanea Pietro Fornara
la memoria delle alpi
Ritorno alla vita

Solo con il sopraggiungere della sera e di un tempaccío che poteva certamente coprire l'inevitabile rumore provocato da un gruppo di uomini in cammino, "Arca", "Casba", "Ernesto", "Jmmy", "Felice", "Oddo", "Paolo" e "Renzo" decisero di risalire verso il Vadà per poi ridiscendere in Valle Intrasca. La decisione fu presa" nella convinzione che il bosco tra Falmenta ed il Vadà sarebbe stato accuratamente setacciato dai tedeschi che avevano certamente compreso che quell'area era la più probabile scelta, come ritirata e riparo, dei partigiani che occupavano prima il rifugio del Vadà.
Solo a notte fonda (ed era fonda davvero) il gruppo raggiunse la cresta che divideva le due valli e non fu facile trovare la strada Cadorna. Il buio era impenetrabile, gli scrosci d'acqua si alternavano ad un nevischio reso pungente dalle folate di vento. Le condizioni fisiche di tutti erano prossime ai limiti di resistenza. Utilissima la funzione di "Jimmy" che, abituato fin da ragazzo alle cacce notturne compiute con il padre nelle foreste sudafricane, aveva una non comune capacità di orientarsi al buio. Quando Dio volle, la strada Cadorna fu raggiunta e tutti si illusero che il peggio fosse passato: ma nella vita partigiana, soprattutto durante un rastrellamento, il peggio veniva sempre dopo. Il gruppo procedeva in fila, più che camminare tutti strisciavano battendo i denti dal freddo perché il vento rendeva gelati gli indumenti inzuppati di pioggia. A un tratto una voce alterata, sicuramente anche dalla paura, intimò il "chi va là!" e anche in questa occasione Arca dimostrò di avere nelle vene il sangue del Piave. Volò addosso al militare ed i due avvinghiati sparirono nel buio lungo la sottostante scarpata. Si udirono subito grida concitate: "allarmi, siamo attaccati, difendetevi!" Ma nessuno poteva sparare nel timore di colpire i compagni. I partigiani potevano solo dileguarsi anche se nessuno sapeva verso quale direzione. Paolo e Felice erano vicini, si consultarono un attimo, poi decisero di buttarsi fuori dalla strada Cadorna nonostante che il buio fitto non consentisse di scorgere dove sarebbero finiti. In effetti il salto non terminava mai e finirono su un ghiaíone, un po' ammaccati ma integri. Il fucile di Felice, che era tenuto da una corda inzuppata d'acqua, gli si legò intorno al collo così che dovette procedere per un lungo tratto con la canna puntata contro la gola. Discesero, o meglio rotolarono, per un lungo tratto e raggiunsero una piccola costruzione presumibilmente usata per riporvi attrezzi agricoli e decisero di fermarsi essendo fisicamente molto provati. Si tolsero gli abiti inzuppati, perché si sentiva meno freddo nudi che vestiti, e attesero le primissime luci per potersi orientare. Il luogo conosciuto più vicino risultò essere Piaggia, ma scrutando verso l'alto i due notarono una lunga colonna di militari che scendeva verso valle e decisero allora di proseguire verso Intragna. Paolo, che aveva documenti personali in regola, decise di raggiungere prima Intragna, poi proseguire, se possibile, per Intra e anche Milano, mentre Felice, privo di documenti sufficienti per superare qualsiasi posto di blocco, si fermò in una baita, nella speranza che fosse già stata controllata in quanto vicina al sentiero per 1ntragna. Si nascose sotto un alto strato di fieno e realizzò un lungo sonno ristoratore. Non seppe mai se mentre dormiva sotto il fieno passassero sul vicino sentiero pattuglie militari reduci dal rastrellamento delle zone più alte della Valle. Quando si svegliò gli abiti erano quasi asciutti e le condizioni fisiche nettamente migliorate a conferma delle qualità terapeutiche del fieno.
Era pomeriggio e le condizioni del tempo migliorate. Felice, dopo aver attentamente scrutato i dintorni della baita, ritenne di ricercare un rifugio meno esposto che gli consentisse di osservare eventuali movimenti di militari.
Attraversò rapidamente il sentiero per Intragna e sali nella zona boscosa verso Scareno raggiungendo il sentiero che portava in quel paese che aveva visitato quando era salito per la prima volta al rifugio del Vadà accompagnato da Remo.
Scelse un nascondiglio ben protetto da cespugli, così da poter vedere sia un tratto del sentiero che portava a Scareno sia quello che, più a valle, conduceva a Intragna. Poco dopo scorse una numerosa e rumorosa pattuglia di camicie nere che si dirigevano verso Intragna. 1 più tenevano i mitra a tracolla, e discorrevano animatamente dando così la sensazione di ritenersi ormai sicuri di aver "ripulito" la zona. Felice ritenne ottimale questo nuovo rifugio anche se riprese a piovere. Gli abiti si inzupparono nuovamente, ma fecero ancora in tempo, prima del tramonto, ad asciugarsi un po'.
Fu proprio allora che avverti una voce femminile poco lontano che chiamava le capre ("cavre, cavre") e scorse una contadina di mezza età che scendeva dal sentiero. La segui un po' con lo sguardo e poi si decise ad uscire dal nascondiglio e ad avvicinarla. Non si mostrò sorpresa e gli chiese subito il nome e quando lo seppe disse che era stata informata della sua presenza in zona da una donna di Intragna che lo aveva appreso da Paolo. Aggiunse che sarebbe tornata prima di notte per portargli del cibo e che avrebbe informato il "Palin".
Era già quasi buio quando quella coraggiosa contadina portò a Felice una bottiglia di latte e un fiaschetto di vino. Sicuramente il rnix di queste due bevande deve avere delle benefiche qualità perché Felice, quella notte, non avverti né la fame né il freddo e riuscì a riposare tranquillo nel suo verde e ancora umido nascondiglio. Al mattino fu raggiunto dal Palin che lo accompagnò, evitando l'abitato di Scareno, in un'altra pressoché introvabile forra dove fu accolto con grandissima gioia dai carissimi amici "Colombíno", "Dottore", "Ezio", "Peo", "Peppino". Gli sembrò un ritorno alla vita.

Da SCIOMACHEN F. MALAGUTI A. MANCARELLA P. PONTI C. La scelta 1943 - 1945 Alberti, Verbania, 2001

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