Pochi medicinali e qualche benda
Il mattino seguente il mio arrivo il maggiore Superti mi diede in consegna una cassetta contenente pochi medicinali e qualche benda; poi mi condusse a quella che chiamò infermeria: una piccola baita in cui i malati e i feriti giacevano su miseri letti di foglie di faggio; la mia prima impressione fu di trovarmi di fronte a un luogo di eremitaggio tibetano.
Compresi immediatamente la necessità di creare un servizio sanitario che, tenendo conto dell'ambiente e delle limitate possibilità, fosse più igienico e più rispondente alle necessità dei feriti e degli ammalati. Compresi che si doveva cominciare da zero per un'attività nuova, dove neppure precedenti esperienze servivano; non era possibile pensare a un'attrezzatura che prevedesse ogni caso, ma solo a quella generica e sarebbe già stato molto per i casi più frequenti; nello stesso tempo ci si doveva attrezzare per essere in grado di procurarci di volta in volta e in tempo relativamente breve i farmaci necessari per ogni singolo caso che capitava, superando le difficoltà dovute al fatto che i collegamenti nella zona con persone del campo medico erano quasi inesistenti. Finora i partigiani si erano curati da soli e quando il caso era grave il paziente veniva trasportato a casa di un medico dei paesi del fondovalle.
Riuscii a prendere contatto con il dottor Chiappa di Intra dal quale potei avere lo stretto indispensabile per il mio pronto soccorso e alcuni strumenti chirurgici; dal dottor Gasparini, pure di Intra, ebbi i medicinali per la parte oculistica; da enti, da privati, da religiosi, da persone comuni cominciò a giungere materiale sanitario. Così giorno dopo giorno, in poco tempo riuscii a mettere insieme un centro di pronto soccorso in grado di far fronte alle necessità della formazione. Anche l'infermeria fu trasformata: non era più un lazzaretto, ma un luogo dove si veniva per guarire.
Sempre senz'armi e accompagnata da un partigiano presi a far visite periodiche ai vari distaccamenti disseminati lungo tutta la Val Grande e a dare l'assistenza medica sul posto, sia ai partigiani che agli alpigiani; la clientela non mi mancava affatto!
Maria Peron
Comunicazione letta a Radio Verbania Libertà il 1° maggio 1945
In CHIOVINI N. Val Grande partigiana e dintorni Comune di Verbania, Comitato della Resistenza, 1980
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