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Monsignor Giacomo Leone Ossola
Nacque a Vallo di Caluso (TO) nel 1887.
Proveniente da una famiglia contadina, entrò giovanissimo nell'ordine dei cappuccini, arrivando alla laurea in lettere che gli permise d'insegnare. Nel 1922 fu nominato parroco al Verano a Roma, la parrocchia, all'epoca, più povera e popolosa dell'urbe.
Nel 1937, anche grazie a rapporti amichevoli con esponenti del fascismo, fu eletto dal Papa come vicario apostolico di Harrar in Etiopia, dove fece edificare la cattedrale e numerose opere come asili, orfanotrofi, ospedali e una tipografia.
Il 19 ottobre 1943 fu chiamato da Papa Pio IX a reggere la diocesi di Novara con la nomina transitoria di "amministratore apostolico" per evitare, in base al Concordato del 1929, il giuramento dei vescovi alla Repubblica Sociale Italiana.
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L'incontro di Ameno dal diario di Monsignor Ossola:
Ore 10. Secondo gli accordi presi alle 11 precise io, il Prefetto e il questore arrivammo a villa Giuseppina in Ameno, dove avevamo convenuto di abboccarci coi capi dei cosiddetti Patrioti: Cap. Beltrami, Ten. Di Dio e Dott. Balcone col Ten, Gorgone. Sono tre gruppi ben diversi per idee e per fatti e per coscienza [...] però tutti tre sotto uno stesso comandante militare supremo. Peggiori i Comunisti; tolleranti ma evitandi i partigiani; migliori ed accostabili i Patrioti. Avevano reclamata la mia presenza tanto i comandanti del Regime Fascista Repubblicano come i comandanti dei patrioti. Io ringraziai la Provvidenza che si fosse servita di me in questa congiuntura politica militare veramente storica. Devo dire che furono semplicemente magnifici dall'una parte e dall'altra. Equissimo il Beltrami e logicissimo il Tuninetti.
Ci si intese. Io conclusi a comune soddisfazione e ci separammo con l'intimo e ridente desiderio di rivederci quanto prima per le definitive conclusioni.
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L'8 gennaio 1944 si recò ad Ameno sul lago d'Orta su richiesta del "Capitano" Beltrami per un incontro tra questi e le autorità fasciste.
Il 12 agosto 1944 si recò a far visita al nuovo prefetto di Novara: Enrico Vezzalini. Dal mese di settembre la stampa fascista locale iniziò a screditarlo accusandolo di connivenza coi partigiani. Monsignor Ossola subì diverse minacce; sette ispezioni ministeriali dietro denuncia del prefetto Vezzalini e la sua auto fu sequestrata e incendiata.
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Passo ad un episodio che credo sia giusto rivelare: ad un certo momento ci furono contatti attraverso mediatori, tra la Prefettura e l'Arcivescovado e Beltrami e i fratelli Di Dio, per cui ci fu un incontro ad Ameno. A noi interessava poter liberare Edoardo Vermicelli e Lino Ferrari, che erano stati catturati a Novara, e quella si riteneva che fosse l'occasione. Ed infatti fu così. Soltanto che il prefetto e monsignor Ossola prospettarono al capitano Beltrami l'opportunità, "per non spargere del sangue fraterno", di costituire una zona franca (ed erano d'accordo pure i tedeschi) per cui noi avremmo potuto avere il vestiario e il vettovagliamento necessario, e, in cambio, non avremmo dovuto combattere contro i tedeschi e i fascisti.
Alla sera, a Campello Monti, c'è una riunione dei comandanti e Beltrami fa questa proposta. Io sono il primo a respingerla e, devo dire, aiutato dall'allora "capitano mascherato", quello che poi sarebbe diventato il generale Li Gobbi. Era una cosa assurda e impossibile: noi eravamo lì per combattere e non per venire a compromessi, in un periodo così difficile per la storia del nostro Paese, e se ai tedeschi andava bene questa proposta, voleva dire che non andava bene, non poteva andare bene a noi.
Devo aggiungere che i fascisti e i tedeschi ripeteranno la proposta nell'estate del '44 e ci sarà un compromesso con la "Beltrami" e la "Valtoce", mentre noi garibaldini, invece, non lo accetteremo, perché la nostra parola d'ordine era "col nemico non si tratta, si combatte". E, grazie anche alle nostre azioni, questo accordo praticamente non avrà vita lunga.
Intervista ad Albino Calletti
"L'impegno", a. XII, n. 1, aprile 1992
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Il 26 aprile 1945 fu fondamentale il suo intervento per la resa del presidio nazifascista di Novara. Il Vescovado fu la sede neutrale dei colloqui tra il comandante tedesco e i rappresentanti partigiani. Grazie alla sua mediazione le truppe tedesche si ritirarono all'interno delle caserme cittadine fino all'arrivo degli Angloamericani salvando così Novara da un bagno di sangue. Per questa sua attività la Città di Novara lo insignì del titolo di "Defensor civitatis" e, alla morte, eresse un monumento in memoria.
Monsignor Ossola morì a Brescia il 17 ottobre 1951.
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