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Un bel dì mi venne il fregolo/di fermarmi in quel di Megolo! …" inizia così la canzoncina scritta dal Capitano dopo la faticosa traversata invernale in seguito all'abbandono della
Valstrona alla fine di gennaio 1944.
Non tutti gli uomini, dei quasi trecento che costituivano la "
Brigata Patrioti Valstrona", arrivarono nella frazione di Pieve Vergonte: una sessantina se ne andò deponendo le armi; un gruppo sbagliò sentiero e paese; alcuni abbandonarono la formazione durante il tragitto; altri furono inseguiti e impegnati in combattimento. A Megolo, col Capitano, giunsero soltanto una quarantina di uomini.
Il componimento, scritto dopo una cena all'albergo del Ramo Secco, risente di quelle disavventure.
Nelle due settimane in cui si fermò a Megolo, Beltrami attese per ricostituire la formazione, allontanandosi soltanto per effettuare un attacco alla casermetta di Vogogna. La posizione non era certo favorevole, oltre che facilmente individuabile era poco adatta ad un combattimento. In quei pochi giorni furono in molti che consigliarono il Capitano di lasciare Megolo.
Il 5 febbraio ebbe anche un colloquio con il capitano Ernst Simon, che aveva precedentemente fatto sequestrare la famiglia dell'
avvocato Macchioni per avere quell'incontro. Nell'occasione chiese a Beltrami di abbandonare la lotta minacciando l'attacco. Beltrami rifiutò, ma non trasferì il gruppo.
Il 13 febbraio ci fu lo scontro decisivo sulle balze del Cortavolo di Megolo contro le truppe nazifasciste. Quella battaglia segnò l'apice e contemporaneamente la fine della "Brigata Patrioti Valstrona". Caddero combattendo Filippo Maria Beltrami "Il Capitano", Carlo Antibo, Giovanni Bressani Bassano, Aldo Carletti, Gianni Citterio, Angelo Clavena, Bartolomeo Creola,
Antonio Di Dio, Emilio Gorla, Paolo Marino,
Gaspare Pajetta ed Elio Toninelli.
Nel piccolo cimitero di Megolo sono ancora sepolti Gaspare Pajetta e lo studente Aldo Carletti che con lui, da Torino, s'era arruolato nella "banda" Beltrami e vi era morto al fianco, quella mattina, poco dopo le otto. Qui hanno voluto essere interrati i genitori di Gaspare e anche il fratello più grande, Giancarlo.