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Come morì Gianni Citterio
La mattina del 13 febbraio mi svegliai verso le sei. Fino a quell'ora tutto appariva tranquillo. Verso le sette un partigiano andò a lavarsi alla cascata, che si trova più indietro e più in alto e da dove si vede bene il paese. Tornò subito ansimante, stravolto, gridando: " Ci sono i tedeschi, ci sono i tedeschi, stanno bruciando il paese!".
L'allarme fu dato immediatamente, e in pochi minuti la formazione fu sul piede di guerra; Il cap. Beltrami cominciava a dare disposizioni per la battaglia.
La mitragliatrice pesante fu piazzata in centro, in una postazione da dove poteva molto bene battere la valle, la stradetta e il paese. Un plotone di una quindicina di uomini fu mandato sul lato sinistro, un altro sul lato destro, e il resto sparpagliato in modo da poter battere i vari sentieri. La battaglia era incominciata, e, credo, ognuno dei superstiti può raccontarne solamente la parte che ha vissuto. Io ricordo che mi trovavo vicino al comando in attesa di ordini quando giunse un ragazzo con un fucile mitragliatore Breda, e si lamentava di non avere potuto rintracciare il suo porta-munizioni.
Partii dunque con lui, con la cassetta dei caricatori in spalla. La postazione abituale di quell'arma era ad una ventina di metri sotto le baite, in un piccolo ripiano protetto da alcuni macigni. Sparammo subito alcune raffiche, alle quali il nemico rispose con un violento fuoco di mitraglia, e subito dopo con un tiro. abbastanza preciso di cannoncino e di mortaio. Nel frattempo i tedeschi e i fascisti avevano iniziato la scalata. Da dove ero, vedevo i tedeschi che sostenevano l'attacco al centro del nostro schieramento. Erano dislocati a pochi metri l'uno dall'altro e si nascondevano accuratamente dal nostro tiro, uscendo dai loro ripari solo per fare qualche balzo rapido in avanti e poi nascondersi nuovamente. Sotto, mitragliatrici, mitragliere, cannoncini e mortai sostenevano l'attacco con un fuoco d'inferno, diretto soprattutto contro le nostre postazioni di armi automatiche.
Vidi morire anche il capitano Beltrami.
Sparammo così, con molte difficoltà, alcuni caricatori. Mi ricordo nettamente come un camion preso di mira da noi, crivellato di colpi, abbia continuato, sbandando un poco, la sua strada per rifugiarsi dietro ad una casa, nel paese. Ad un certo punto, come succede sovente e con il mitragliatore breda, l'arma s'inceppò. La situazione era preoccupante. Eravamo lì, ventre a terra, mentre a pochi centimetri da noi fischiavano le pallottole, e la via della ritirata era sicuramente battuta dal fuoco nemico. Tentammo comunque di ricongiungerci con gli altri, e in quell'occasione imparai a strisciare col naso a terra. In alcuni minuti arrivai in un pianoro più vasto, dove vi erano alcuni castani ed alcuni grossi macigni. Lì vi erano Beltrami, Redi, Antonio Di Dio e Pajetta. A mia volta 'mi piazzai dietro un grosso castano, alla sinistra degli altri, un metro più in alto forse. Dopo pochi minuti sentiamo la voce del mio mitragliere che ancora prima di spuntar fuori, ci chiama. Era lui infatti, che con maggiori difficoltà di me, avendo seguito un altro itinerario, era giunto in salvo. Ma aveva dovuto abbandonare l'arma; e il Capitano lo rinviò a prenderla. Dopo qualche secondo, in mezzo alle raffiche continue, udimmo un lamento, così morì, per primo, il mitragliere che avevo conosciuto forse un'ora prima.
Sulla nostra destra si era appostato Gianni, il nostro compagno studente. Me ne accorsi quando mi sentii chiamare per nome e lanciare alcuni frizzi.
Ma poco dopo anche da quella parte venne un lamento: " Ai! Aiii!" "Ritirati, Ritirati!" grida il capitano. Sentiamo come muoversi e poi "Haan Haaan!" Ed è finita. Anche Gianni è morto.
…
Gino Vermicelli
"La Lotta" - Anno 5
11 febbraio 1953
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