La resa al Croppo di Trontano
L'8 Settembre (1944) fu giornata importante. Nelle prime ore del pomeriggio, cadde nelle mani del cap. Arca della Divisione Piave che operava in Vigezzo, il presidio di Masera (18 tedeschi e 8 militi). E da notare che chi fece resistenza furono i militi: i tedeschi non spararono un solo colpo. Alle 20,30 un treno speciale portava tutto il presidio verso la Svizzera.
A Domodossola invece verso le 15 era corsa la voce di un imminente attacco partigiano: era stato proclamato il coprifuoco, nessuno era venuto al Vespro della Natività, le case erano bloccate, le vie deserte.
Fu allora che pregai il mio bravo Coadiutore Don Carlo Saino di andare verso i fronti di attacco: il Ponte della Mizzoccola, il Toce, Cardezza e Masera; di incontrarsi coi capi partigiani e pregarli di sospendere l'attacco perché si doveva giungere alla resa senza spargimento di sangue.
Don Carlo volo via in bicicletta, trovo le strade deserte e giunse a Masera che era tutta in festa perché il presidio si era arreso ed era in partenza per la Svizzera. Affiancandosi al Parroco di Masera che il dì prima era stato anch'egli a Gravellona a prendere farina ed aveva potuto incontrarsi con Superti e Marco Di Dio, i due Sacerdoti insieme affrontarono i Comandi partigiani e avversi, e per il giorno 9 riuscirono a preparare l'incontro che infatti avvenne verso le 17,30 nella casa d'angolo del Croppo di Trontano .
Vi erano tre ufficiali tedeschi, i Maggiori Bronzi e Spinelli, il Maggiore Superti, Capitano Marco, il Tenente Alberto e il signor Parroco di Masera con me.
Allora apparve la personalità decisa e dominante di Marco Di Dio. "Noi siamo padroni della situazione, vi circondiamo da ogni parte: da un mese non vi lasciamo più giungere rinforzi; non c'è che uno scampo, arrendersi".
Quando l'interprete tradusse le parole di Di Dio, il Comandante tedesco stette silenzioso un momento; e poi dando col capo cenno di diniego, fece dire all'interprete che i tedeschi hanno forze e munizioni per combattere. La discussione rimase insabbiata.
La ripresi io rivolgendomi al maggiore Bronzi col quale ci si era maggiormente avvicinati. "Maggiore, cominciamo ad intenderci noi che siamo italiani: parlate". Ma Marco interferisce vivace rivolto a Bronzi e Spinelli: "Nessuno vi torcerà un capello, deponete le armi e partite".
Dopo parecchie discussioni viene l'accordo: i soldati lasciavano tutte le armi; gli ufficiali le conservano.
Così i tedeschi erano rimasti soli. Essi mollarono, ma furono duri. Rifiutarono decisamente di passare in Svizzera e ancor più decisamente di cedere le armi. Fu qui che intervenne felicemente il Maggiore Bronzi che le conosceva bene.
"Che armi avete?" chiese. Sono tutte armi vostre?"
"No: abbiamo anche armi italiane, greche, jugoslave . . .".
"Ebbene - intervenne deciso Di Dio - portatevi le armi tedesche e lasciate tutte le altre e sia finita".
PELLANDA L., L'Ossola nella tempesta, Grossi Domodossola 1985
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