Punta di Migiandone 9-13 ottobre 1944
Caduti: Massari Mario, Tedeschi Fausto
I nazifascisti concentrano le loro forze sia all'estremo limite della valle Cannobina, nei pressi di Finero, sia sulla linea Gravellona Toce - Feriolo- Mergozzo. Le truppe nemiche provengono da Novara, Milano, Laveno, Verbania e Omegna; i nazifascisti lanciano la controffensiva contando su una forza di 17/18 mila uomini in gran parte provenienti da Corpi Speciali germanici, dalla "X Mas" e dalla "Folgore". E' il 9 ottobre, il fronte meridionale di resistenza è in allarme e nuovi reparti si portano a ridosso della prima linea, mentre si attivano alcuni indispensabili servizi ausiliari (posti di pronto soccorso, magazzini viveri per l'immediato consumo, magazzinetti per il deposito di cassette di munizioni ecc.).
L'attesa dell'attacco non è lunga, il nemico si fa precedere dal martellamento della zona con armi pesanti a lunga gittata, ma non vengono arrecati gravi danni allo schieramento partigiano…
Il 10 ottobre, fin dalle prime ore del mattino, "carri armati cercano di liberare la Statale dai tronchi d'albero che i partigiani vi hanno posto per rallentare l'avanzata del nemico. Nel primo pomeriggio la battaglia si fa più dura e, per alcune ore, i partigiani debbono abbandonare alcune posizioni, ma, qualche ora più tardi, il nemico è costretto a ritirarsi disordinatamente, inseguito dai reparti di "Nello", "Fano", "Ruggero", "Morelli", "Mimmo", "Piero", "Dido" e del maresciallo Roggi, della brigata "Antonio Di Dio", della compagnia "comando" e del plotone dei georgiani che deve ingaggiare con i nazisti anche un furioso scontro all'arma bianca. Al termine di quello lunga e dura giornata, le artiglierie nemiche riprendono il cannoneggiamento nel corso del quale rimangono feriti, sia pur lievemente, alcuni partigiani fra cui il "tenente Mimmo" che ritorna al proprio posto di combattimento dopo qualche ora.
Le prime ore del mattino dell'11, vengono movimentate dal tentativo nemico di infiltrarsi nella linea di difesa partigiana con il treno blindato; il tentativo fallisce miseramente perché il treno viene fermato ad un casello ferroviario tra Gravellona Toce ed Ornavasso, costretto a rinculare precipitosamente e a raggiungere la stazione di partenza. Sul calar della sera, i partigiani dopo aver difeso strenuamente le loro posizioni, sono costretti a ritirarsi sulla nuova linea: Punta di Migiandone-Bettola.
Piove senza sosta, nel corso della notte il nemico porta in avanti forze " fresche", i partigiani della "Valtoce" e della "Redi" sono fradici e non solo non possono essere sostituiti da altri reparti, ma non possono neppure cambiare gli indumenti zuppi d'acqua.
Il 12 ottobre, fin dalle prime ore del mattino, il nemico riprende a battere con le artiglierie sulla zona ove i partigiani si sono attestati creando la nuova linea di difesa; altri reparti nemici operano le prime infiltrazioni lungo il crinale che scende su Migiandone, tentando di prendere alle spalle la prima linea partigiana. Nel corso dell'azione di resistenza alla manovra del nemico viene investito da un nugolo di schegge di una bomba di mortaio il ventunenne Mario Massari di Pieve Vergonte, appartenente alla brigata "Antonio Di Dio". Nonostante il pronto aiuto prestato dai suoi compagni, Massari muore prima ancora di raggiungere la piccola, provvisoria infermeria attrezzata per il pronto soccorso.
La resistenza partigiana sul fronte sud da molto filo da torcere ai nazisti anche se, evidentemente , non potrà continuare ancora per lungo tempo sia per l'impossibilità di dare il cambio ai reparti che da quattro giorni sono sotto il tiro del nemico e che sono costretti a rintuzzare con contrattacchi gli attacchi nazifascisti, sia perché cominciano a mancare le munizioni e i viveri sia, infine, perché è, quella nemica, una vera e propria "valanga" di soldati dotati di armi pesanti e leggere, di munizioni e di quant'altro occorre per fare la guerra.
Il numero dei feriti, nelle file partigiane, comincia a salire. Fra gli altri rimangono feriti Fausto Del Ponte che, con il dito intinto nel proprio sangue , scrive sulla roccia dietro cui si ripara:" la vita per l'Italia", ed il "tenente Mimmo" che, questa volta, viene colpito da numerose schegge al ventre e alla gamba destra. Durante la battaglia cade anche il comandante di reparto Tedeschi Fausto.
Il giorno 13 la situazione, per i partigiani che, per il quinto giorno , si battono alle porte della Valle Ossola, si fa disperata. Gli uomini della "Valtoce" e i garibaldini della "Redi" devono abbandonare la seconda linea ed arretrare fino a Piedimulera-Ponte della Masone - incalzati dal nemico.
Alle loro spalle, a Domodossola, si sta già facendo il vuoto. Si allestiscono treni per lo sgombero della popolazione e, soprattutto, dei bambini che devono riparare in Svizzera. Non vi è più nulla da fare per gli uomini del fronte meridionale, non sono in grado di creare una nuova linea di difesa e sono costretti a ritirarsi oltre Villadossola e portarsi, infine, nelle Valli circostanti.
Nella notte del 13, Domodossola vede le ultime partenze, e all'alba del 14 ottobre anche uomini della Giunta Provvisoria di Governo e del CLN lasciano la Città e si portano a Premia.
Il nemico entra, il mattino del 14 ottobre, in Domodossola.
MASSARA E., Antologia dell'antifascismo e della Resistenza novarese, Grafica Novarese, Novara, 1984
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